La lingua inglese sembra avere ormai assunto una certa supremazia rispetto a tutte le altre lingue. Tuttavia, c’è chi pone all’attenzione dell’opinione pubblica l’idea che non si tratti di una scelta “neutra” e che il vero modello a cui potrebbe essere opportuno ispirarsi, in particolare nel contesto dell’Unione Europea, sia il pluralismo linguistico.
Perfino il Presidente del Consiglio Mario Draghi, leggendo un documento ufficiale, si è chiesto pubblicamente perché in Italia si utilizzino così tante parole inglesi, anche per concetti che potrebbero essere espressi con medesima forza ed efficacia anche in italiano. Tra l’altro, si registra un paradosso: molte delle parole inglesi che vengono usate (talvolta abusate) nel contesto italiano, non vengono neppure usate da chi parla l’inglese come lingua madre. Un esempio tra i tanti? Smartworking.
Nell’anno 2021, dedicato alle celebrazioni del Sommo Padre della lingua italiana Dante Alighieri, il 22 marzo è stata anche presentata alla Camera e al Senato una petizione contenente una proposta di legge per la tutela dell’italiano davanti all’abuso dell’inglese.
Non è certo nostra intenzione negare l’importanza dell’inglese, lingua la cui conoscenza rimane fondamentale, soprattutto nel mondo del lavoro… tuttavia forse non farebbe male un po’ di orgoglio linguistico e di buon senso.
Tra l’altro, su scala mondiale, dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese, l’italiano rappresenta la quarta lingua più studiata, superando il francese.