Il Covid ha acuito le diseguaglianze nella società. Un vasto strato sociale di ceto medio, composto per lo più da piccoli lavoratori autonomi, micro-imprenditori, cassintegrati, stagionali… persone che fino a non molto tempo fa riuscivano con relativa facilità a godere di uno stile di vita dignitoso, a investire e magari a risparmiare… sente ormai il peso di oltre un anno di (pur necessarie) restrizioni anti-Covid e rapidamente scivola verso la povertà. Le file avanti alla Caritas offrono una visione tangibile del processo in atto… eppure da quei luoghi, dove la solidarietà si organizza su base volontaria e cerca di offrire una sponda alla disperazione di molti, emerge uno spaccato più ampio sull’impoverimento che corre veloce. Esso non si traduce oggi solo in richieste di cibo, adesso le persone chiedono aiuto per pagare gli affitti, le bollette, le visite specialistiche, per poter acquistare computer per la Didattica a distanza dei propri figli.
In conclusione, la pandemia sembra aver resettato il sistema, lasciando emergere una nuova umanità le cui priorità tornano a coincidere con bisogni primari. Per tanto tempo, le sovrastrutture di una società complessivamente opulenta aveva riempito lo stile di vita dei più con “desideri” talvolta presentati come “bisogni”. Ora i bisogni attengono sempre più realmente a necessità di vita e ogni giorno che passa porta con sé il rischio di abituarsi.